Una bella fetta percentuale della nostra comunicazione oggi avviene tramite rete, che si tratti di commenti botta e risposta scambiati sui social network o via chat attraverso le varie app di messaggistica istantanea o via mail.
Chi di noi ormai non comunica (anche) così?
Essendo diventata una consuetudine consolidata difficilmente ci soffermiamo a riflettere sulle ricadute che questa ha su alcuni aspetti emotivi da non sottovalutare e su quanto queste incidano sulle nostre relazioni interpersonali.
A chi è capitato di “scaldarsi” comunicando con qualcuno utilizzando questi mezzi?
Avete mai fatto caso a come vi sentite mentre questo accade?
A cosa sentite e a cosa si muove dentro di voi a livello emotivo? Vi sentite “arrabbiati”, ok. Ma “solamente” arrabbiati?
O sotto sotto c’è anche un sottofondo di ansia e angoscia mentre aspettate di ricevere la risposta dell’altro? E magari modifichereste la risposta?
E sapete perché questo accade?
Tempo fa una delle “mie ragazze”, con cui diverse volte ci siamo ritrovate a riflettere su quanto si complichino spesso le relazioni utilizzando questi canali e su quanto ci smuovano emozioni di vario tipo (spesso “pasticciate”, confuse e disorientanti), ha condiviso con me un articolo che riporta un passaggio importantissimo elaborato da Meg Crofoot, famosa primatologa. Un passaggio che ci spiega proprio quello stato d’animo a cui facevo riferimento prima, quello “pasticciato”.
Eccolo:
“𝑈𝑛 𝑒𝑠𝑒𝑚𝑝𝑖𝑜 𝑡𝑖𝑝𝑖𝑐𝑜 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑣𝑖𝑡𝑎 𝑞𝑢𝑜𝑡𝑖𝑑𝑖𝑎𝑛𝑎 𝑎𝑣𝑣𝑖𝑒𝑛𝑒 𝑜𝑔𝑛𝑖 𝑣𝑜𝑙𝑡𝑎 𝑐ℎ𝑒 𝑟𝑖𝑐𝑒𝑣𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑢𝑛𝑎 𝑒𝑚𝑎𝑖𝑙 𝑜 𝑢𝑛 𝑚𝑒𝑠𝑠𝑎𝑔𝑔𝑖𝑜 𝑠𝑢𝑙 𝑐𝑒𝑙𝑙𝑢𝑙𝑎𝑟𝑒. 𝑆𝑒 𝑖𝑙 𝑐𝑜𝑛𝑡𝑒𝑛𝑢𝑡𝑜 𝑒̀ 𝑖𝑛 𝑞𝑢𝑎𝑙𝑐ℎ𝑒 𝑚𝑜𝑑𝑜 𝑎𝑔𝑔𝑟𝑒𝑠𝑠𝑖𝑣𝑜 – 𝑐𝑜𝑚𝑒 𝑢𝑛’𝑜𝑓𝑓𝑒𝑠𝑎 𝑝𝑒𝑟𝑠𝑜𝑛𝑎𝑙𝑒, 𝑖𝑙 𝑚𝑎𝑛𝑐𝑎𝑡𝑜 𝑟𝑖𝑠𝑝𝑒𝑡𝑡𝑜 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑛𝑜𝑠𝑡𝑟𝑎 𝑝𝑟𝑜𝑓𝑒𝑠𝑠𝑖𝑜𝑛𝑎𝑙𝑖𝑡𝑎̀ 𝑜 𝑙’𝑖𝑚𝑝𝑜𝑠𝑖𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑖 𝑞𝑢𝑎𝑙𝑐𝑜𝑠𝑎 𝑐ℎ𝑒 𝑛𝑜𝑛 𝑟𝑖𝑡𝑒𝑛𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑔𝑖𝑢𝑠𝑡𝑜 – 𝑙𝑎 𝑝𝑟𝑖𝑚𝑎 𝑟𝑒𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑒̀ 𝑑𝑖 𝑟𝑖𝑠𝑝𝑜𝑛𝑑𝑒𝑟𝑒 𝑎 𝑡𝑜𝑛𝑜, 𝑑𝑖𝑓𝑒𝑛𝑑𝑒𝑛𝑑𝑜𝑐𝑖 𝑜 𝑎𝑔𝑔𝑟𝑒𝑑𝑒𝑛𝑑𝑜 𝑎 𝑛𝑜𝑠𝑡𝑟𝑎 𝑣𝑜𝑙𝑡𝑎.
𝑆𝑒 𝑠𝑖 𝑠𝑒𝑔𝑢𝑒 𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑎 𝑣𝑖𝑎, 𝑒̀ 𝑒𝑠𝑝𝑒𝑟𝑖𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑐𝑜𝑚𝑢𝑛𝑒 𝑝𝑟𝑜𝑣𝑎𝑟𝑒 𝑢𝑛 𝑏𝑟𝑒𝑣𝑒 𝑠𝑜𝑙𝑙𝑖𝑒𝑣𝑜 𝑒 𝑝𝑜𝑖 𝑟𝑖𝑚𝑎𝑛𝑒𝑟𝑒, 𝑐𝑜𝑚𝑢𝑛𝑞𝑢𝑒, 𝑖𝑛 𝑢𝑛𝑜 𝑠𝑡𝑎𝑡𝑜 𝑑𝑖 𝑠𝑜𝑠𝑝𝑒𝑛𝑠𝑖𝑜𝑛𝑒, 𝑛𝑒𝑙𝑙’𝑎𝑔𝑜𝑛𝑖𝑎 𝑑𝑖 𝑟𝑖𝑐𝑒𝑣𝑒𝑟𝑒 𝑢𝑛 𝑠𝑒𝑔𝑛𝑎𝑙𝑒 𝑑𝑖 𝑣𝑖𝑡𝑡𝑜𝑟𝑖𝑎 𝑜 𝑢𝑛𝑎 𝑐𝑜𝑛𝑡𝑟𝑜𝑚𝑜𝑠𝑠𝑎 𝑎 𝑐𝑢𝑖 𝑟𝑖𝑠𝑝𝑜𝑛𝑑𝑒𝑟𝑒.
𝑆𝑒 𝑖𝑛𝑣𝑒𝑐𝑒 𝑛𝑜𝑛 𝑠𝑖 𝑟𝑖𝑠𝑝𝑜𝑛𝑑𝑒, 𝑒̀ 𝑐𝑜𝑚𝑢𝑛𝑞𝑢𝑒 𝑎𝑙𝑡𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑝𝑟𝑜𝑏𝑎𝑏𝑖𝑙𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑠𝑖 𝑐𝑜𝑛𝑡𝑖𝑛𝑢𝑖 𝑎 𝑝𝑒𝑛𝑠𝑎𝑟𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑐𝑜𝑠𝑎 𝑠𝑖 𝑣𝑜𝑟𝑟𝑒𝑏𝑏𝑒 𝑠𝑐𝑟𝑖𝑣𝑒𝑟𝑒, 𝑐𝑒𝑟𝑐𝑎𝑛𝑑𝑜 𝑑𝑖 𝑠𝑓𝑜𝑔𝑎𝑟𝑒, 𝑎𝑙𝑚𝑒𝑛𝑜 𝑖𝑛 𝑓𝑎𝑛𝑡𝑎𝑠𝑖𝑎, 𝑙𝑎 𝑟𝑎𝑏𝑏𝑖𝑎 𝑒 𝑙’𝑎𝑔𝑔𝑟𝑒𝑠𝑠𝑖𝑣𝑖𝑡𝑎̀ 𝑠𝑚𝑜𝑠𝑠𝑒.
𝐿𝑎 𝑑𝑖𝑠𝑓𝑢𝑛𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑖 𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑜 𝑚𝑒𝑐𝑐𝑎𝑛𝑖𝑠𝑚𝑜 𝑒̀ 𝑐ℎ𝑒 𝑖𝑙 𝑛𝑜𝑠𝑡𝑟𝑜 𝑠𝑖𝑠𝑡𝑒𝑚𝑎 𝑑𝑖 𝑔𝑒𝑠𝑡𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑖𝑛𝑣𝑎𝑠𝑖𝑜𝑛𝑖, 𝑑𝑒𝑖 𝑐𝑜𝑛𝑓𝑙𝑖𝑡𝑡𝑖 𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑠𝑓𝑖𝑑𝑒 𝑠𝑖 𝑒̀ 𝑒𝑣𝑜𝑙𝑢𝑡𝑜 𝑛𝑒𝑖 𝑠𝑒𝑐𝑜𝑙𝑖 𝑝𝑒𝑟 𝑔𝑒𝑠𝑡𝑖𝑟𝑒 𝑢𝑛 𝑎𝑣𝑣𝑒𝑟𝑠𝑎𝑟𝑖𝑜 𝑟𝑒𝑎𝑙𝑒, 𝑐ℎ𝑒 𝑠𝑖 𝑡𝑟𝑜𝑣𝑎 𝑑𝑖 𝑓𝑟𝑜𝑛𝑡𝑒 𝑎 𝑛𝑜𝑖, 𝑑𝑖 𝑐𝑢𝑖 𝑠𝑖𝑎 𝑝𝑜𝑠𝑠𝑖𝑏𝑖𝑙𝑒 𝑙𝑒𝑔𝑔𝑒𝑟𝑒 𝑖𝑙 𝑐𝑜𝑚𝑝𝑜𝑟𝑡𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑛𝑜𝑛 𝑣𝑒𝑟𝑏𝑎𝑙𝑒, 𝑜𝑠𝑠𝑒𝑟𝑣𝑎𝑟𝑛𝑒 𝑙𝑒 𝑚𝑜𝑑𝑖𝑓𝑖𝑐𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖, 𝑙𝑒𝑔𝑎𝑟𝑙𝑒 𝑎𝑙 𝑐𝑜𝑛𝑡𝑒𝑠𝑡𝑜 𝑎𝑡𝑡𝑢𝑎𝑙𝑒 𝑒 𝑖𝑛𝑡𝑒𝑟𝑎𝑔𝑖𝑟𝑒 𝑖𝑛 𝑚𝑜𝑑𝑜 𝑠𝑖𝑛𝑐𝑟𝑜𝑛𝑜, 𝑑𝑎𝑛𝑑𝑜 𝑓𝑜𝑟𝑚𝑎 𝑎 𝑢𝑛’𝑖𝑛𝑡𝑒𝑟𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑢𝑎𝑙𝑒 𝑣𝑜𝑙𝑡𝑎 𝑎𝑑 𝑎𝑟𝑟𝑖𝑣𝑎𝑟𝑒 𝑎 𝑢𝑛𝑎 𝑡𝑟𝑎𝑠𝑓𝑜𝑟𝑚𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑟𝑒𝑎𝑙𝑡𝑎̀ 𝑜 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑠𝑡𝑎𝑡𝑢𝑠 𝑟𝑒𝑙𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑎𝑙𝑒.
𝑆𝑖 𝑡𝑟𝑎𝑡𝑡𝑎 𝑑𝑖 𝑚𝑒𝑐𝑐𝑎𝑛𝑖𝑠𝑚𝑖 𝑝𝑟𝑜𝑓𝑜𝑛𝑑𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑟𝑎𝑑𝑖𝑐𝑎𝑡𝑖 𝑛𝑒𝑙𝑙’𝑢𝑜𝑚𝑜 𝑒 𝑐𝑜𝑚𝑢𝑛𝑖 𝑎 𝑡𝑢𝑡𝑡𝑖 𝑖 𝑚𝑎𝑚𝑚𝑖𝑓𝑒𝑟𝑖” (Crofoot, 2010).
Noi siamo ancora programmati, quando si tratta di conflitto, per comunicare nel qui ed ora. Ecco svelato l’inghippo!
E capite quanto questo stravolgimento comunicativo (avvenuto peraltro nel giro di pochi anni) possa incidere su relazioni professionali, amicali e affettive?
So che si tratta purtroppo ormai di fare uno sforzo (perché la chat è più veloce, immediata, “comoda”) e di sceglierlo come comportamento pensato, ma proviamo ad investire maggiormente su scambi comunicativi (quando non si tratta di leggerezze o comunicazioni di servizio diciamo) che comportino il guardarsi in faccia e tutto il corredo di segnali non verbali che, ancora, sono imprescindibili per una comunicazione efficace!